mercoledì 26 settembre 2012

Ciao Laura ci rivedremo in cielo!

                                                            Laura la collega preferita


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LAVORO DI FRONTE AL PORTO
Lavoro di fronte al porto.
 Stacco gli occhi dal computer più spesso di quanto non sia necessario per un sano riposo degli occhi e della mente.
 Dalla mia postazione a norma vedo una bella fetta di cielo azzurro e le gru del porto che azzurre si stagliano nel celeste del cielo. Sono davvero alte e imponenti e alla luce rossastra e radente del tramonto riescono ad essere realmente belle.
 Non vedo il mare da qui perché è nascosto da una bassa costruzione di un tizio che vende mattoni e pedane di legno e dal muro di cinta del porto, alto quasi tre metri. Ma arrivano i suoni e gli odori del porto. Odore di mare e di nafta, di navi e scarichi, fumi e corde bagnate. Una mescolanza che seppur nella sua mistione variegata sconcerta molti, a me sembra un profumo, e lo è, ne sono convinta.
 Il clangore delle gru, i rumori della vita frenetica del porto e le voci alte degli operai al lavoro, a volte superano il ticchettio dei tasti. Sono al primo piano e tutto mi arriva in diretta, anche la voce di non so chi che gracchia dall’altoparlante di una nave, comunicazioni, avvisi e richiami.
 Vite in vacanza, vite in attesa d’imbarco sui traghetti pulsanti, vite tra quelle degli altri che si spezzano la schiena, vite tra quelli che ti dicono benvenuti sulla Excelsior, prego in posa per la foto ricordo. Un miscuglio anche qui di pelle, di etnie, di fragranze e di sudore umano.
 Vedo dalla mia postazione la gente che si accalca sul ponte della Ignazio Florio. Salutano contenti chi sta giù e posso scorgere i loro larghi sorrisi. Gli addetti ai lavori graduati vanno avanti e indietro e coi loro indumenti bianchi quasi fanno da sfondo indistinguibile sulla parete, non fosse che per quella sana abbronzatura che spicca da lontano.
 Nonostante il gracidare delle mie colleghe su problemi sindacali e sul mancato rinnovo del contratto di lavoro, riesco ad isolarmi (sono un’isolana e mi viene facile) e faccio un giro metaforico prima di lasciare agli ormeggi la mia immaginazione.
 All’ingresso della grande poppa, la motonave inghiotte TIR, camper, auto e moto in una gioiosa ingordigia estiva che contrassegna un po’ tutto. Perfino gli addetti allo smistamento traffico sembrano contenti. Con le grosse mani fanno grandi cenni. “di quaaaa, pregooooo da questa parteeeeeee signo’!!” Poi, chi parte, sale sulla tolda e guarda giù, saluta e manda baci eccitato nella gioia della vacanza, chiede informazioni sull’orario di partenza e arrivo, a che ora si mangia, se bisogna iscriversi per il tiro con l’arco. Chi torna a casa, ha l’aria di chi ha visto tanto e troppo, chiuso nei parei da souvenir, cerca subito la sua cabina e magari lo vedi solo all’ora di pranzo, imbandanato e imbronciato nella sua orgogliosa tintarella che perderà prestissimo.
 Ma ecco un’idea improvvisa, quasi una necessità. Salgo di corsa a due a due i gradini e in un batter d’occhio mi ritrovo al terzo ed ultimo piano del palazzo nobiliare dove lavoro. Poca gente. Tutta indaffarata tra carte e computer telefoni e fax. Sguscio fuori nella bella terrazza con le maioliche verdi, col sole che mi brucia gli occhi e li saluto. Mi sbraccio con la stessa enfasi come se lassù sul ponte ci fosse mio fratello. Agito le braccia e scandendo il ritmo con piccoli saltelli mi esibisco come in una step dance improvvisata. Voglio immaginare che quei saluti siano anche per me, per una poveretta che saluta da un ufficio di fronte al porto gente sconosciuta. La consapevolezza di ciò mi allarga l’anima, mi fa ridere il cuore, mi ossigena il sangue.
 La nave salpa e accompagnata dai rimorchiatori lascia la banchina.
 Agitano cappelli e fazzoletti e rimango incantata nel guardare i loro vestiti colorati che svolazzano nell’aria calda. Un arcobaleno di persone, un serpentello variopinto che più la nave si allontana più forte si sbraccia.
 E io rimango là. Con il sorriso a bocca larga a contemplare il luccichio del mare che si taglia sull’onda piatta e larga lasciata dalla poppa, finché la nave scompare alla mia vista. Gli altri, tornano alle loro auto e io posso sentire il rumore secco degli sportelli che sbattono. Alcuni si girano come per assicurarsi che la nave non sia tornata indietro, altri frettolosi e a passi svelti prendono la via d’uscita senza voltarsi.
 Scendo al primo piano e torno al mio pc in stand by, muovo appena il mouse e sul desktop appare un mare di smeraldo e di cristallo che lambisce una lingua di sabbia candida.
 Le mie colleghe ora parlano di assemblea permanente e si domandano tra loro “chi vuole mettere 50 centesimi per lo striscione?”
Fuori, il clangore delle gru termina, la sirena suona il mezzogiorno, gli operai aprono i loro pacchetti e all’ombra del muro di cinta bevono bibite gelate. Uno alza il bicchiere come in un brindisi a distanza nella mia direzione, e sorride. Abbasso la testa, riordino le carte, lancio i 50 centesimi alla mia collega e col viso che mi si imporpora e con la lingua di cartone mi tuffo in una pagina word.
…per motivi amministrativi, si chiede di volere cortesemente confermare ricezione della presente.……….
Ma ho sete e fame anch’io.  Laura Giannuzzi Savelli






 

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